Il genocidio in Rwanda non è stato un episodio incomprensibile di follia collettiva. E’ stato piuttosto la realizzazione di un piano progettato con cura. Un grande progetto di comunicazione che attraverso un uso strategico dei mezzi di informazione più diffusi ha creato un nemico. E poi ha dato istruzioni puntuali per eliminarlo. Daniele Scaglione, direttore della comunicazione di Action Aid International Italia, ha scritto il libro “Istruzioni per un genocidio. Rwanda: cronache di un massacro evitabile”.
Brani tratti dal libro “Le ferite del silenzio” di Yolande Mukagasana
NTEGEYIMANA Evariste 15 anni, in prigione a Butare
E.N. – Un gruppo di assassini sono venuti a prendermi a casa. Mi hanno detto di andare con loro. Ho rifiutato. Ma hanno minacciato di uccidere la mia mamma, che è Tutsi, se non andavo. Allora, ho avuto paura e sono andato con loro. Mi hanno fatto vedere tre bambini da uccidere. Ho rifiutato, ma un vicino mi ha obbligato a prendere un machete. Ho ancora rifiutato, ma mi hanno schiaffeggiato. Allora l’ho preso. Ho ucciso i bambini, non avevo scelta …
Y.M. – Quale è stata la reazione di tua madre quando l’ha saputo?
E.N. – Mi ha picchiato…
Y.M. – Quei bambini che hai ucciso, li conoscevi?
E.N. – Si, erano dei vicini. Mangiavano spesso da noi e io da loro.
Y.M. – E ora, come sono le relazioni?
E.N. – È la loro mamma che mi ha fatto mettere in prigione. L’amicizia tra le due famiglie è rotta…
Y.M. – Quale è la decisione del tribunale, ora?
E.N. – Che devo andare in rieducazione.
Y.M. – E l’uomo che ti ha trascinato, che relazioni ci sono tra voi?
E.N. – Faccio parte dei testimoni contro di lui, perché lui ha ucciso anche me. Non sono più un bambino, sono un assassino…