IL RUOLO DEI MEDIA NEL GENOCIDIO DEI TUTSI DEL RWANDA NEL 1994
maggio 11th, 2009
di Marcel Rutagarama
L’opera « Ruanda. I media del genocidio » è stata redatta su domanda dell’UNESCO, da Reporters Senza Frontiere, in collaborazione con una unità del Centro Nazionale di Ricerca Scientifica di Parigi.
L’UNESCO, allarmata per l’utilizzo dei media nell’incitamento a commettere direttamente e pubblicamente il genocidio in Ruanda, ha affidato agli autori il compito di analizzare le trasmissioni delle radio nonché gli articoli e le caricature apparse nella stampa, che incitavano all’odio razziale
Gli autori hanno esaminato con cura 74 cassette delle trasmissioni della “Radiotelevisione libera delle Mille colline” (RTLM) registrate tra il mese di ottobre 1993 ed il mese di luglio 1994 e di Radio Rwanda nel mese di aprile 1994, la serie quasi completa del bimestrale Kangura a partire dal mese di maggio 1990 e sei esemplari di periodici considerati estremisti come Umurwanashyaka (da aprile 1991 a gennaio 1993), l’ “Eco delle mille colline” (da giugno 1991 a gennaio 1994), Interahamwe (da gennaio 1992 a settembre 1993), La Medaglia Nyiramacibiri (da luglio 1991 a marzo 1994), Kamarampaka (tra gennaio 1992 e gennaio 1994), Power (novembre e dicembre 1993), infine dieci numeri d’Intera e due di Zirikana (1992-1993).
Gli autori riportano,inoltre di aver consultato alcune collezioni di giornali considerati “democratici” (Kanguka, Isibo, Rwanda Rushya, Kinyamateka, ecc…), i quali rivelano ancora alcuni aspetti di propaganda estremista. E’ il caso, per esempio, del giornale Isibo, che pubblicò nel mese di novembre 1992 il discorso di Léon Musegera, tenutosi in un incontro organizzato dal partito presidenziale nella sotto-prefettura di Kabaya, nella provincia di Gisenyi (nella parte ovest del Ruanda) e con cui, secondo gli autori, si auspicava lo sterminio dei tutsi.
La creazione dei giornali estremisti
Secondo il libro « Ruanda. I media del genocidio » la nascita dei giornali estremisti risalirebbe al 1989. Si tratta dell’occasione, per i membri vicini al presidente, di sfruttare la stagione del “dibattito delle idee”, iniziata due anni prima con l’uscita di un mensile indipendente chiamato Kanguka. La rivista aveva sconvolto il sistema mediatico, che a lungo era rimasto monopolizzato da tre organi ufficiali: Radio Rwanda ed i settimanali Imvaho e La Relève, ai quali vanno aggiunti il mensile Kinyamateka della chiesa cattolica e la rivista Dialogue diretta dai Padri Bianchi.
I membri dell’Akazu erano particolarmente irritati dalle critiche rivolte da Kinyamateka e Kanguka. Essi avevano intenzione di testimoniare il loro zelo individuale nei confronti del presidente e della sua consorte con la creazione di propri giornali, nella speranza, come afferma l’opera, di ottenere qualche favore.
Il primo giornale « estremista », ad essere stato creato, è Intera (« In avanti », letteralmente “Il solco è oltrepassato”), apparso nel mese di dicembre 1989 su iniziativa di Séraphin Rwabukumba, uno degli uomini vicini al presidente Habyarimana, e che, si supponeva, opporsi a Kanguka. Tuttavia, in ragione dell’inesperienza della redazione o a causa dell’assenza di una reale volontà politica, il giornale ritarda a raggiungere i suoi obiettivi.
La situazione cambia con il lancio di Kangura. Si tratta, riporta il libro, della prima opera di “recupero” del genere, la più caricaturale nella sua presentazione, nella formulazione ed al contempo la più efficace.
I suoi promotori sperano di terminare l’esperienza di Kanguka e di ricoprirne il suo posto. Ciò spiega il titolo sinonimo di Kangura, ovvero l’equivalente di “Risveglialo” (mentre Kanguka significa “Risvegliati!”), una facciata di copertina che costituisce in realtà una mera contraffazione di Kanguka ed il licenziamento dei collaboratori “corruttibili”, come Hassam Ngeze, il quale, secondo il libro, diventerà uno dei personaggi della messa in scena mediatica del genocidio.
Secondo il libro, sembrerebbe che un gruppo di ufficiali di Gisenyi, guidati dal tenente colonnelo Anatole Nsengiyumva, avrebbe avuto un ruolo attivo nell’operazione. Essi sostengono di aver agito perché sospinti da Agathe Habyarimana, la moglie del presidente della Repubblica in persona, la quale ha assunto l’iniziativa di riunire il piccolo gruppo di membri fondatori: Séraphin Rwabukumba, il colonnello Théoneste Bagosora e l’universitario Ferdinand Nahimana, che si presenterebbe come il “cervello” del regime.
I primi articoli di Kangura sono principalmente delle risposte ai giornalisti di Kanguka. L’interesse dei promotori si attenua tuttavia a seguito dell’arresto, nel luglio 1990, del redattore capo di Kanguka per «alto tradimento» e cessa momentaneamente la diffusione del giornale. Nello stesso modo, Hassan Ngeze era stato arrestato per “turbativa dell’ordine pubblico”. Il 1° ottobre 1990, l’invasione del Fronte patriottico ruandese (FPR), avrà come conseguenza la riscoperta del progetto Kangura, mentre Hassan Ngeze viene rimesso in libertà.
Avendo nuovamente colto l’interesse del regime, Hassan Ngeze pubblica precipitosamente il suo numero 4 della rivista. Si tratta di un’edizione che, per la circostanza, attinge dalla documentazione del fronte militante anti-tutsi. Il giornale riporta l’esistenza di un “piano di colonizzazione tutsi nel Kivu e nella regione centrale dell’Africa”. Il testo sarebbe una vecchia montatura, di circa trent’anni prima, e destinato a riaccendere l’idea che i Tutsi appartengano ad una “razza” irrimediabilmente dominatrice e cospiratrice ai danni degli Hutu, i quali sono invece predestinati al ruolo di vittima.
Il numero 6, invece, contiene i «10 comandamenti dell’Hutu». I Tutsi sono dipinti come le bestie selvagge e le loro donne come delle prostitute e, al contempo, delle spie.
Alcuni periodici più o meno regolari, creati tra il 1991 ed il 1993, adotteranno lo stesso tono di Kangura. Anche le radio si metteranno al servizio dell’odio e della manipolazione etnica. Il 3 marzo 1992, Radio Rwanda diffonde, per ben cinque volte, un comunicato del «Comitato del Fronte patriottico ruandese», indicando la lista delle personalità del regime da uccidere. Il tono del messaggio e la ripetizione dello stesso nel corso della giornata costituiscono un evidente incitamento alla violenza.
La stampa ed il genocidio
Emerge dal libro che sono stati particolarmente utilizzati due mezzi durante il genocidio dei Tutsi del Ruanda, l’uno molto moderno, l’altro meno: la radio ed il machete. Il primo per dare e ricevere ordini, l’altro per eseguirli. Il governo insediatosi a seguito della morte del presidente Habyarimana aveva lasciato rapidamente la capitale, stabilendosi a Gitarama, quindi a Gisenyi, prima di fuggire, a seguito della vittoria del FPR, alla volta dell’ex-Zaïre. Nel frattempo a Kigali, una radio, la RTLM, occupava un posto chiave del potere. Questa stazione si trasforma nello “stato maggiore dell’armata del genocidio”.
La RTLM si assume di fatto le prerogative governative: essa chiama la popolazione a combattere, spiegando la tattica per scovare e combattere i sostenitori del FPR. Essa minaccia i moderati ed incoraggia i più arditi, arrivando a criticare anche il governo ripiegatosi a Gitarama, invitato, questo, a ristabilirsi presso la capitale assediata. Dal 6 aprile 1994, la RTLM decide di trasmettere senza interruzione al fine di « mobilitare » la popolazione e di stimolare lo zelo dei miliziani, dei soldati e dei gendarmi presenti ai posti di controllo. L’emittente è completamente sostenuta da Radio Rwanda. La RTLM sigla questa unione nella diretta del 3 giugno 1994. Essa accoglie con favore la decisione di Radio Rwanda di diffondere la canzone « Bene Sebahinzi » di Simon Bikindi, a sostegno del dogma delle tre etnie del Ruanda (Hutu, Tutsi e Twa), volte queste ad un eterno antagonismo nonché richiamando la difesa degli «interessi prioritari del popolo maggioritario» (gli Hutu).
E’ così che i media del genocidio si appoggiano fondamentalmente sull’ideologia di un etnicismo militante. L’etnicismo è diventato un mezzo di discriminazione sociale e di controllo politico. La minoranza tutsi rappresenta, in caso di tensioni, il capro espiatorio ideale, fino a far scaturire la mobilitazione del “popolo maggioritario” attorno al potere ed a fare emergere la natura “democratica” della dittatura esercitata a nome del “popolo”. Nella stampa “estremista” dal 1990 e nelle trasmissioni di Radio Rwanda e di RTLM durante il genocidio, vengono propagandati minuziosamente e con una grande forza dimostrativa, che non merita di essere messa in discussione, la priorità delle identificazioni “etniche”– una sorta di razzismo alla ruandese, anti-amitico – il ruolo fondatore ed onnipresente della rivoluzione “sociale” del 1959, nonché l’esistenza di una vera guerra di lunga data tra gli Hutu ed i Tutsi.
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