RISPOSTA AI PADRI COMBONIANI

settembre 4th, 2007

Ecco una sintesi della lettera che Bene Rwanda ha inviato a Nigrizia. Il testo integrale dell’intervento è scaricabile al seguente link: Lettera Bene Rwanda

L’Associazione BENE RWANDA ONLUS condivide pienamente la risposta della dottoressa Elisabetta Zamparutti, riguardo gli atteggiamenti negazionisti e revisionisti di alcuni padri comboniani che si sono schierati e difendono chi ha pianificato e perpetrato il genocidio dei Tutsi ed esprime la massima solidarietà all’Associazione Nessuno Tocchi Caino che ha voluto insignire l’attuale presidente del Rwanda, Paul Kagame, del prestigioso premio “Abolizionista dell’anno 2007”. Che i Tutsi non siano stati sterminati, o che si sia trattato di una guerra civile, tribale all’africana, tali teorie prendono il nome di “negazionismo e revisionismo”. Sminuire, fraintendere o prendere alla leggera “Gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso” (definizione di genocidio) è un atto di negazionismo. Affermazioni di padre Aurelio Boscaini come le seguenti: “Se davvero i Tutsi sono stati uccisi in così grande numero, non ce ne sarebbero in giro…” offendono la memoria e negano il genocidio del Rwanda.

Oltre alla recente abolizione della pena capitale il Rwanda ha instaurato le Giurisdizione Gacaca che significa “ la giustizia che riconcilia”. Il principale obiettivo è cercare una soluzione alle carceri affollate senza ricorrere all’esecuzione degli Hutu colpevoli di genocidio. La giuria di un Gacaca, il tribunale popolare rwandese, non può infatti emettere una sentenza di morte. Il Rwanda ha dal 1996 una legge sul crimine di genocidio, e queste corti locali giudicano gli omicidi intenzionali, le aggressioni e i crimini contro la proprietà, mentre i Tribunali speciali per i reati di genocidio giudicano chi è accusato di aver “pianificato, istigato e organizzato la violenza genocidiaria”. Questa giurisdizione ha permesso a migliaia di carcerati di tornare a casa. Nel 2003, 20.000 carcerati hanno ritrovato la libertà, seguiti nel 2005 da altri 30.000 soprattutto anziani, ammalati e bambini, e persone che hanno riconosciuto le loro colpe e hanno chiesto il perdono.

Questi atti testimoniamo la volontà della leadership Rwandese di voler costruire un paese senza discriminazioni etniche, infatti non ci sono più le carte d’identità che distinguevano gli Hutu dai Tutsi come faceva il precedente governo di Habyarimana. Il governo attuale è invece composto da entrambi i gruppi sociali, l’esercito pure, nelle scuole non ci sono più le quote di ammissione (14% Tutsi e 85% Hutu). Il Rwanda accoglie a braccia aperta tutti i rifugiati che vogliono ritornare pacificamente nel paese. Purtroppo nelle lettere dei comboniani non si analizza l’interezza dei fatti ma vengono solamente messi in luce alcuni aspetti decontestualizzati e interpretati in maniera parziale.

Piuttosto ci sembrano gravissime le affermazioni dei comboniani che rispolverano gli antichi e pericolosi luoghi comuni sulla contrapposizione tra Tutsi power e Hutu power. Parlare ancora di divisione etnica fra questi due gruppi sociali (appartenenti invece alla stessa etnia come ampiamente dimostrato) è antistorico e addirittura criminale. Non è un caso che il primo provvedimento di Kagame sia stato la messa fuori legge delle carte di identità etniche. I comboniani invece si trovano a rispolverare nel 2007 la cospirazione dei Tutsi ai danni degli Hutu, stesso leit motiv che ricorreva prima e durante il genocidio. Piuttosto l’abolizione della pena capitale in Rwanda renderà possibile richiedere l’estradizione di molti criminali di guerra rifugiati all’estero, molti religiosi anche, che chissà dove e da chi sono nascosti. A non conoscere la storia del Rwanda non è dunque l’Italia che assegna un giusto riconoscimento al presidente Kagame, ma gli stessi comboniani che continuano a raccontare la storia in modo completamente distorto confermando l’opera di disinformazione che la Chiesa cattolica ha sempre giocato verso l’Africa.

Il genocidio rwandese è un evento recente e molte cose sono ancora avvolte nel mistero ma non è attraverso gli arroccamenti e le accuse infondate e in malafede, se non addirittura dettate dall’ignoranza, che si riuscirà a far chiarezza su una pagina così drammatica della nostra storia recente.

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