31° Giornata Internazionale del Genocidio dei Tutsi in Rwanda
aprile 6th, 2025
La Trentunesima Giornata Internazionale della Memoria del Genocidio dei Tutsi in Rwanda, il 7 aprile 2025, non è come tutte le altre ricorrenze: è carica dell’attuale guerra nella Republica Democatica del Congo (RDC), che sembra la vuolerla cancellare. Questo conflitto scientemente adossato al Rwanda dal Governo Congolese che ha trovato il perfetto capro espiatorio per mascherare la sua incapacità di governare l’immenso territorio e di proteggere tutta la sua pololazione è stato ripreso in coro da tutta la Comunità Internazione che non ha cercato minimanente di comprendere le radici profonde di una guerra che dura ormai da trentanni.
Mentre noi ruandesi riviviamo i nostri peggiori incubi di fronte ai massacri dei Tutsi Congolesi dagli stessi genocidari FDLR che nel ‘94 si sono rifugiati in Congo e vi hanno trovato la protezione del Governo Congolese di Tchisekedi con il quale stanno realizzando il loro antico sogno di tornare in Rwanda per “finire il lavoro” cioè sterminare fino all’ultimo Tutsi soppravvissuto, la Comunità Internazionale e i media sono preocupati dalle materie prime del Congo. Di nuovo, come nel ‘94 la vita di un Tutsi non vale il Coltan, l’oro, la cassiterite o tutte le materie prime preziose di cui regurgita la RDC certamente molto indispensabili all’industria occidentale che da anni vi si rifornisce a quasi gratis, in cambio di armi e munizioni coi quali “i poveri negri si ammazzano tra di loro”.
Ciò che francamente fa più male è la disonestà intellettuale dell’Europa e degli Stati Uniti nel voler confondere i ribelli del movimento M23 che da anni combattono per la loro sopravvivenza con il Rwanda visto che questo movimento fondato da ex ribelli del Congresso nazionale per la difesa del popolo (CNDP) integrati nell’esercito congolese in seguito all’accordo di pace firmato il 23 marzo 2009 tra il CNDP e Kinshasa, che si è ammutinato nell’aprile 2012, considerando che il governo congolese non rispettava i termini dell’accordo. Oggi in Congo, assomigliare a un Tutsi e parlare la lingua ruandese equivale ad una morte certa così come fu nel ‘94 in Rwanda per chi aveva la carta d’identità dove c’era scritto l’appartenenza all’etnia tutsi. Ogni giorno, alla luce del sole in Congo i Tutsi vengono braccati, brucciati vivi nei pneumatici con tanto di riprese video postati in rete, colpevoli di essere ciò che sono e tristemente tutta questa barbaria umana non interessa minimamente nessuno. I potenti di di questo mondo hanno trovato più interessante conniare le sanzioni al Rwanda, 89 volte più piccolo dell’enorme Congo molto più popolato con l’unico risultato di affamare donne e bambini indifesi.
Di fronte a tanta ingiustizia, qualcuno vede un motivo per il quale uomini giovani sotto sterminio dal proprio governo che vivono in campi profughi non dovrebbero imbracciare le armi per difendere la loro vita e dei loro cari? Noi ruandesi li capiamo perfettamente e ci immedesimiamo in loro perchè nel lontano 1990 abbiamo dovuto fare lo stesso fondando il Fronte Patriottico Rwandese (RPF) che fermò il genocidio dei Tutsi e per la nostra fortuna mise fine al genocidio della nostra gente. Ecco, se occorre cercare un legame tra i ribelli di M23 e il Rwanda , questo è davvero quello da comprendere e semmai rispettare e certamente non condannare. Come ha detto il defunto Makanika (https://www.youtube.com/watch?v=W3D88jYLQGA), un giovane combattente tutsi congolese che ha dovuto lasciare l’esercito congolese per salvare il suo popolo Banyamulenge fondanto il movimento Twirwaneho (difendiamoci), non ci sarà “salvezza senza il sacrificio di alcuni “.
Dopo il genocidio dei nostri sotto gli occhi della Comunità Internazionale con tanto di Missione di Pace dell’Onu presente in Rwanda al quale fu negagato l’autorizzazione a salvare donne e bambini tagliati spiettatamente con le macete, una lezione avremo imparato: a salvarci ci dobbiamo pensare da soli; come dice un proverbio ruandese, akimuhana kaza imvura ihise cioè l’aiuto da fuori arriva sempre quando la pioggia cessa cioè troppo tardi. Alla Trentunesima Commemorazione del Genocidio dei Tutsi duole constatare che il mondo vuole archiviare tale tragedia per passare ad altro ma per noi ruandesi rimane tale e non smetteremo di ricodare un milione dei nostri truccidati per essere ciò che siamo.
Invito tutti a pensare profondamente al “mai più” che per i Tutsi sembra non avere alcun valore in particolare per l’Europa che ha in pancia i paesi come il Belgio e la Francia che vantano una pesante responsabilità diretta nel genocidio dei Tutsi in Rwanda ma che oggi non fanno altro che creare ancora più confusione nella Comunità Internazionale infliggendo sanzioni ingiusti e soprattutto inutili visto che a rimetterci saranno come al solito i più deboli a patire la fame senza risolvere i problemi della nostra regione. l’Europa e gli Stati Uniti devono superare le logiche coloniali e imperiaste facendo riferimento ai processi africani in atto per riportare la pace nella nostra regione sotto la guida dell’Unione Africana, dell’East Africa Comunity e la SADC (Southern African Development Community) che se ne stanno occupando da anni con più cognizione e rispettare il motto “african solution to frican problem”.
Di Françoise Kankindi
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